Massimo Cicchi
Trovare personalità come Massimo Cicchi, oggi, nel panorama del calcio dilettantistico è missione da cercatori d’oro del Klondike. Appartenente a una generazione di calciatori (leva calcistica la canterebbe De Gregori ) che, chi scrive, ha potuto ammirare con occhi da bambino e che rivive tramite racconti familiari o di paese. I Cicchi, appunto, come i Fazzini, i Silvestri, i Fioravanti,i Panichi, cognomi che portarono una realtà circoscritta ( nel territorio, mai nello spirito ) agli alti fasti di un universo pallonaro che fino a quel momento aveva portato a confrontarsi soltanto con cittadelle limitrofe. Quella grande pulsione sportiva, accompagnata da una vera volontà comune di fare squadra, valorizzò gli allora giovani ragazzi di Colli che ben figurarono nei campionati di Promozione., Massimo ha solcato anche campi diversi da quello del suo paese; esemplare nel modo di giocare, sotto il profilo tecnico e umano, ha ricoperto il ruolo di capitano anche nell’altra realtà sportiva in cui ha militato, la Spinetolese. Tecnicamente appartenente alla categoria dei “comandanti” della difesa, caratterialmente silenzioso, sobrio ed elegante. La generosità d’animo spesso è sinonimo di duttilità all’interno di un organico, per questo Cicchi è stato stopper, libero, terzino o ala, perché mai ha posto davanti agli interessi di squadra la propria personalità. Da quattro anni oramai a Colli è tornato a essere uomo simbolo, emblema dello spogliatoio, termine di paragone per chi si affaccia al gioco del pallone. Protagonista nelle alterne fortune che hanno caratterizzato la vita sportiva collese negli ultimi tempi ha incarnato da sempre la figura chiave a cui tutti gli allenatori che sono passati devono, in ogni caso, qualcosa. Peccato per il poco utilizzo all’inizio di questa stagione, momento in cui, durante uno sbandamento, un capitano coraggioso sarebbe forse riuscito a rimettere la nave sulla giusta rotta, ma vario e quindi tanto affascinante è il calcio che entrare nella testa di chi prende determinate decisioni è opera da strizzacervelli più che da sportivi. Decisioni che hanno centellinato le occasioni in cui scegliere persone che potessero assumersi responsabilità sarebbe stato più produttivo che affidarsi alla cosiddetta “ragione”. Per fortuna la ragione è incommensurabile con il calcio come lo è il raggio, se ben ricordo, con la circonferenza della sfera, alla cui forma si ispira il pallone : per questo nell’ultimo scorcio di campionato la ragione si è dissolta con l’aria nuova di primavera e, a dispetto delle predette primavere sul groppone, Cicchi è stato risolutivo, in una fase di stagione in cui il “su” era un sogno di mezza estate, presto rovinato nel primissimo autunno, e il “giù” iniziava ad essere pericolosamente troppo vicino, generando frizioni che oggi sono un vago ricordo. Chi scrive non può sapere cosa farà Massimo, quale sarà il suo futuro e in che modo intenderà delinearlo. Un suggerimento, però, mi permetto di fornirlo e non è altro che una citazione di uno spettatore, più anziano di me, non del nostro caro paese che in una delle ultime gare in casa mi sussurrò : “ Per Cicchi non sembra siano passati gli anni.”
Fabio Straccia