Mario Adriano Bonfiglio
Con Bonfiglio che lascia l’Atletico Azzurra Colli si chiude un’epoca in cui certi nomi altisonanti hanno caratterizzato l’undici in campo. Per quanto si possa generalizzare e identificare un momento sportivo con il termine “era”, quella dell’ex bianconero è stata caratterizzata da una salvezza nel suo primo anno di attività a Colli e dalla vittoria del campionato di Seconda categoria, seguita dall’ultima stagione, definibile di transizione, nell’avventura in Prima categoria. Dei numeri non parliamo, le statistiche – impressionanti, manco a dirlo – offuscherebbero la descrizione di un personaggio che, oltre per le sue reti e giocate, ha colpito nel modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Antipersonaggio per eccellenza, prerogativa quasi mai riscontrabile per chi in provincia va a divertirsi, mai eccentrico sia negli atteggiamenti personali che nel modo di giocare a pallone. Tempo fa mi è capitato di parlare con un amico, giocatore in queste categorie ma con altra casacca, che mi raccontava di come in campo la correttezza di Bonfiglio risaltasse quasi quanto le sue doti tecniche, meravigliandosi di ciò, dal momento che chi ha giocato di fronte a ben altre platee fosse abituato ad assumere comportamenti più altezzosi, se non altro più egocentrici. Con questa disamina non si vuole certo porre in secondo piano la validità sportiva e l’apporto che un calciatore duttile come Mario ha portato all’interno della squadra. Sinistro da brivido, quaranta volte a segno in due anni e mezzo, altrettanti fatti realizzare a questo o quel compagno di squadra, con lanci di quaranta metri che tagliavano un’intera difesa e mettevano il fortunato destinatario dell’assist solo dinanzi al portiere avversario. Capitano indiscusso, a prescindere dalle figure che si susseguivano in panchina, più di una volta una sua magia dal cilindro ha risolto una situazione di gioco. Naturalezza leggiadra nel calciare, ha inventato traiettorie sulle quali i portieri più che rassegnati sembravano increduli. A lui va il ringraziamento per aver regalato la sua professionalità a un paese di quasi quattromila abitanti, in cui il calcio ha avuto sempre grande funzione aggregativa, e di aver dimostrato cosa significhi essere signori in tutte le situazioni che l’evoluzione della vita, calcistica e non, ci para davanti.